Specie di asparago selvatico, come per esempio l’Asparagus acutifolius, si trovano sovente nei boschi delle regioni centro-meridionali e anche in minore misura soprattutto in zone collinari più riparate del Nord Italia.
Nel terreno non devono esserci ristagni d’acqua (umidità stagnante) tali da compromettere le radici, si lavora il terreno a una profondità di 35-40 cm, interrando al contempo 35-40 kg di letame (oppure un’equivalente quantità di compost) ogni 10 metri quadrati di superficie.
Quando i frutti (bacche) sono maturi (autunno avanzato), si raccolgono e si lasciano completamente essiccare: a questo punto dai frutti si estraggono i semi. La semina si può eseguire in coltura protetta (meglio se riscaldata) in marzo, adoperando contenitori alveolati di plastica (non in polistirolo) da circa 80 posti e l’apposito terriccio per semine.
Il trapianto di asparago selvatico si esegue non appena le piantine sono sufficientemente sviluppate e le radici in grado di trattenere completamente il terriccio: in questo modo l’estrazione dai contenitori è agevole.
Si effettua entro giugno, distanze approssimative sulla fila 30-35 cm e 120-150 cm tra una fila e l’altra. Occorre poi seguire le piantine di asparago selvatico con moderate ma frequenti irrigazioni, in modo da mantenere il terreno sempre leggermente umido. È opportuno iniziare la raccolta a partire dal terzo anno dopo l’impianto.