Con il termine di capitozzatura s’intende ogni intervento di potatura che comporta una riduzione intensa dell’intera chioma, mediante tagli che accorciano indistintamente tutti i rami, senza rispettare la forma e l’aspetto naturale dell’albero.
Sono detti interventi di capitozzatura la cimatura del fusto, troppo spesso effettuata per «abbassare» l’altezza delle piante, e il taglio delle branche primarie, ossia dei rami più grossi della pianta che si inseriscono direttamente sul fusto; queste potature provocano, generalmente, grossi tagli ben visibili e il più delle volte lasciano la pianta spoglia di rami fini e di foglie. Inoltre, sono da considerarsi capitozzature anche quelle potature che prevedono la troncatura sommaria di tutti rami dell’albero, senza praticare il cosiddetto «taglio di ritorno».
Un pratica scorretta
La capitozzatura degli alberi ornamentali (tranne pochi casi specifici, ma attuata solo da personale qualificato) è una pratica sbagliata e antieconomica; vediamo meglio il perché.
Sfigura gli alberi rendendoli spesso irriconoscibili
Ogni albero libero di crescere sviluppa nel tempo e nello spazio un sistema di ramificazioni armonioso e proporzionato, con un aspetto e una forma (tecnicamente habitus) tipici della specie di appartenenza. Con la capitozzatura i rami delle piante vengono mutilati, trasformati in monconi e al termine dell’intervento, la forma naturale dell’albero è perduta.
Rende gli alberi pericolosi
Sulla superficie della corteccia sono diffusamente presenti delle particolari gemme dette «avventizie» che restano latenti, cioè non si aprono, fino a che la pianta non subisce forti stress o danni che provocano la perdita o il deperimento di porzioni importanti della chioma. Le gemme latenti si aprono e danno origine a una nuova vegetazione, chiamata «avventizia», che ha la funzione di ripristinare nel più breve tempo possibile una nuova chioma, sufficiente a produrre grazie alla fotosintesi il nutrimento di cui la pianta necessita. Essendo inseriti sulla superficie del moncone (là dove era posta la gemma avventizia), i rami avventizi si collegano a esso con inserzioni deboli, soggetti a spezzarsi più facilmente, perfino sotto il proprio peso.
Indebolisce la pianta e ne riduce le prospettive di vita
Costituire una chioma avventizia richiede molte energie da parte della pianta, che essa preleva dalle sue riserve e che potrebbero non essere sufficienti. Inoltre, i tagli di capitozzatura di grandi dimensioni non vengono rimarginati dalla pianta e questo espone il legno all’aggressione da parte di funghi e insetti responsabili della degradazione dei tessuti. Un albero capitozzato ha quindi un’aspettativa di vita molto inferiore rispetto a un albero potato correttamente.
Le ragioni del no alla capitozzatura
Secondo la Società internazionale di arboricoltura, sono almeno sette le ragioni per dire no all’attuale modo di trattare gli alberi e in particolare alla barbara pratica della capitozzatura.
- Sviluppo di malattie, funghi e parassiti. I monconi di un albero capitozzato formano ferite difficili da rimarginare (anche perchè quasi mai sui tagli viene messo l’apposito mastice cicatrizzante). Al contrario questi tagli e cavità vengono rapidamente attaccati e colonizzati da funghi, spore, insetti e parassiti vari che intaccano ulteriormente la struttura del legno, rendendolo ancora più fragile (e quindi giustificando poi il successivo taglio dell’albero).
- Ricrescita accelerata dei rami deboli. La pianta reagisce alla capitozzatura gettando nuovi rami epicornici, ovvero che spuntano dalle gemme secondarie sparse nel tronco. Si tratta però di rami deboli, con attaccatura fragile, che la pianta produce in gran quantità per ricostruire al più presto la necessaria massa fogliare. Il risultato è che in poco tempo avremo una gran quantità di rami ma più fragili e pericolosi, una chioma squilibrata ed una forma dell’albero che comunque si presenterà poco armonica e meno bella. Tra l’altro per ogni ramo tagliato muore anche una o più radici, con un indebolimento strutturale della pianta che, ricordiamo, nei casi di alberi maturi è sottoposta alla base a forze di trazione pari anche a 200 t., per esempio nelle giornate di vento. Insomma una situazione complessiva che “chiamerà” la necessità di nuove potature.
- Aggravio dei costi. Per i motivi precedenti l’uso pesante della motosega, anche se dà la sensazione di poter risparmiare, in realtà crea situazioni che richiederanno presto nuovi interventi di manutenzione (ma forse è proprio ciò che si vuole!).
- Deficit nutritivo e indebolimento generale. Qualunque intervento che rimuova più di 1/3 della chioma modifica il metabolismo dell’albero causando un deficit di sostanze nutritizie ed abbassando le difese immunitarie dell’albero nei confronti di vari patogeni (soprattutto in un ambiente insalubre come quello urbano).
- Shock solare. Riducendo o eliminando la chioma si espone la corteccia del tronco e dei rami residui all’azione diretta dei raggi solari, che producono delle vere e proprie scottature.
- Brutture. Inutile dire che gli alberi capitozzati sono penosi, brutti a vedersi e fanno tanta tristezza. Sino a quando non ripristina la chioma, la pianta apparirà come mutilata e sfigurata, privata della sua importante funzione estetica.
- Morte dell’albero. Alcune specie, come ad esempio i faggi , mal sopportano le potature e la riduzione improvvisa del fogliame facilmente porta alla morte della pianta.
Insomma le capitozzature sono inutili, brutte, costose e dannose, mentre le potature, fatte sempre da specialisti, andrebbero limitate solo alle situazioni di reale pericolo (es. rami secchi o pericolanti). La miglior potatura comunque rimane sempre quella che non si vede, che non stravolge la forma e la fisiologia della pianta.
Da notare poi che per legge nazionale (n.10/2003 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”) tutti i comuni con più di 15.000 abitanti sono obbligati a dotarsi di un catasto degli alberi e di un regolamento di buona gestione del verde, mentre a fine mandato gli amministratori devono produrre un “bilancio del verde” in cui dimostrate il proprio operato in materia di verde urbano.
No dunque alle capitozzature degli alberi, sì al diritto della pianta di crescere con i suoi rami liberi verso il cielo.