E’ arrivato il momento di parlare dell’orto sinergico, il cosiddetto orto del ‘non fare’, ma direi piuttosto del fare meno, l’orto dove si interviene sempre con la natura e per la natura. Fino ad oggi abbiamo sempre seguito su questo blog le buone pratiche dell’orto biologico, ma oggi sono sempre di più gli ortisti che si confrontano con questa ‘nuova’ tecnica di coltivazione, anche se proprio nuova non lo è più visto che è nata più di 10 anni fa grazie alle idee dell’agronoma e naturalista spagnola Emilia Hazelip, che ha messo a punto i fondamenti dell’agricoltura sinergica traendo spunto dall’insegnamento del botanico-filosofo Masanobu Fukuoka. Ma restiamo sull’aspetto pratico e concreto che più interessa chi dalla terra vuole raccogliere buoni frutti.
Perché parlare dell’orto sinergico se già con l’orto biologico si possono avere buoni risultati? Perché l’orto sinergico non necessita di arature e zappature, né fertilizzanti, né pesticidi , ma si basa e si concentra sull’auto-fertilizzazione del suolo, innescando un meccanismo di partecipazione, sinergia appunto, tra la terra e i vari ortaggi. Vi sembra poco? E poi sono fermamente convinta che ciascuna tecnica ha dei vantaggi e solo conoscendole tutte a fondo possiamo trarre il meglio da ciascuna di esse e approntare una tecnica di coltivazione personalizzata, che meglio si adatta alla terra, al clima, all’ambiente in cui viviamo e alle verdure che vogliamo coltivare. E poi se c’è la possibilità di lavorare meno, di risparmiare usando meno concimi e fertilizzanti, se c’è la possibilità di stabilire con la terra un rapporto più profondo e più complice, perché non provarci?
Ferma di questa convinzione ho partecipato ad un corso sull’agricoltura sinergica (affollatissimo!!!!) e ho raccolto più informazioni possibili per potervele trasmettere, anche se in rete ormai è possibile trovare di tutto di più e non mancherò di linkarvi i siti a mio avviso più interessanti. Ma adesso è il momento di iniziare a comprendere i 5 principi base dell’orto sinergico e/o della permacultura, ovvero la cultura che prevede una gestione etica della terra e quindi un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
1. Evitare di lavorare la terra – Avete capito bene! La terra è un organismo vivente e molto spesso le lavorazioni del terreno (arature, zappature…) vanno a disturbare il complesso equilibrio che c’è nel suolo, arrecando danno o addirittura distruggendo la fertilità naturale presente. Lombrichi, residui organici, funghi, batteri, tutti concorrono a rendere il suolo un luogo perfetto da coltivare, ma spesso intervenendo si interrompe questa sorta di attività corale che porta alla fertilità. Non a caso i terreni coltivati a lungo, anche con grandi quantità di fertilizzanti, si impoveriscono, si inaridiscono. Quindi prepariamo una sola volta il terreno inizialmente e poi lasciamo fare a ’madre natura’!
2. Non compattare il suolo – Il suolo e i suoi organismi hanno bisogno di ossigeno e aerazione, se noi andiamo a toglierlo comprimendo il terreno, togliamo morbidezza e vita, quindi sarà importantissimo rialzare le aiuole e creare dei camminamenti, solo così avremo un suolo soffice e adatto ad accogliere radici e acqua.
3. Il terreno non deve mai restare nudo – L’humus prolifera sempre in un suolo coperto, sotto le foglie, sotto la paglia, sotto l’erba, sotto il legno tritato. La pacciamatura è di vitale importanza, perché protegge il suolo dall’azione sterilizzante di raggi solari troppo forti, dal dilavamento continuo delle piogge, dal compattamento. In natura non esiste mai un suolo completamente nudo, chiediamoci perché…
4. Non apportare sostanze estranee – In parole povere: non fertilizzare e non concimare, né con materiali di sintesi né con materiali naturali. Le radici delle piante raccolte lasciate nel suolo, le parti aeree delle stesse sempre lasciate sul posto e la pacciamatura sono sufficienti a dare al suolo il nutrimento necessario e ad innescare un processo di auto-fertlizzazione. Forse solo inizialmente se ci troviamo di fronte ad un terreno completamente privo di vita, potrebbe essere necessaria una concimazione iniziale, come ‘starter’ per avviare un nuovo corso evolutivo.
5. Coltivare specie diverse – La biodiversità è il punto di partenza per ogni ambiente vivo e rigoglioso. Piantare nell’aiuola almeno tre specie diverse di piante è un buon criterio per creare suolo fertile, per creare sinergia tra le piante. Potremmo associare piante appartenenti a famiglie diverse: leguminose (azoto-fissatrici), liliacee e un’altra famiglia a scelta e inserire insieme a queste piante dai fiori utili (come tagete, calendula, nasturzio). Evitare ad ogni costo la monocoltura e rispettare i criteri di rotazione! Allo stesso tempo evitare il più possibile i periodi di fermo vegetativo: dove non semineremo ortaggi semineremo piante da sovescio: graminacee, leguminose (lenticchie, ceci, fave…), colza, rape, senape, ecc…
Il sovescio nell’orto sinergico non va interrato ma steso sopra!
Avete capito tutto perfettamente? Torneremo e approfondiremo l’argomento, ma se nel frattempo volete andare avanti e magari togliervi qualche dubbio leggete questi link: sull’agricoltura sinergica , per avere un quadro globale più dettagliato; per i più pigri l’orto sinergico spiegato molto velocemente e semplicemente; oppure i quaderni dell’ortigiano dove trovarespiegazioni esperenziali.